La Giornata Internazionale della Felicità: come provare a essere felici in tempi difficili come questo? Ce lo spiega l’esperto e ci consiglia anche degli esercizi pratici da fare
Difficile immaginare o desiderare di essere felici in questo periodo buio in cui siamo costantemente bombardati da notizie legate a malattia e morte. Ma provare a tenere a bada le ansie e a prendersi cura della propria felicità si può, grazie a una serie di buone pratiche, che si fondano tutte sulla Scienza del Sé, un metodo per l’autoconsapevolezza e la felicità scientificamente validato, che ruota intorno a 9 pilastri del proprio essere: bisogni, valori, talenti e competenze, emozioni, pensieri e convinzioni, comunicazione empatica, immaginazione, proposito di vita e piano di vita.
Un metodo messo a punto da Sandro Formica, docente di fama internazionale e ideatore del modello, il quale lo propone anche e soprattutto per affrontare le ansie dovute al Coronavirus. Perché l’emergenza è reale ed è necessario rispettare le norme stabilite dal Governo, ma bisogna anche essere consapevoli del come vivere nella paura generi chimica negativa che produce emozioni disfunzionali e indebolisce il sistema immunitario, esponendo maggiormente al rischio di contagio. Al contrario, più si è centrati e si continuano a esercitare pratiche di auto-consapevolezza e felicità, sviluppando la chimica positiva, meno si è vittima delle emozioni negative e più si rinforza il sistema immunitario.
Abbiamo approfondito questo concetto proprio insieme a lui, cercando di capire cosa intende per allenarsi alla felicità e come attuare questo proposito nella vita di tutti i giorni.
Innanzitutto, cos’è la felicità e perché viene definita un muscolo?
«La felicità è uno stato dell’essere. Molti di noi considerano la felicità un’emozione. Studi scientifici indicano che notiamo e sentiamo le nostre emozioni durante il 90% del tempo in cui siamo svegli, e che il 33% delle volte, queste emozioni sono contemporaneamente diverse o contrastanti. In pratica abbiamo a che fare con migliaia di stati emotivi al giorno. Se la felicità fosse semplicemente un’emozione, sarebbe un qualcosa che va e che viene per qualche secondo, forse più volte al giorno.
Le tre componenti essenziali della felicità come stato dell’essere, così come stabilito da Martin Seligman, padre della psicologia positiva, sono la sensazione di piacere, abbinata all’impegno di viverla, il tutto rafforzato da un significato chiaro e profondo da dare alla nostra vita.
Ecco, in questa spiegazione dei tre ingredienti necessari per coltivare lo stato dell’essere della felicità – sensazione positiva, impegno e senso della vita – troviamo la risposta alla seconda parte della domanda, “perché viene definita un muscolo?”. Perché, andando oltre alla sensazione di piacere, dobbiamo impegnarci a essere felici e a trovare una ragione forte e radicata per esserlo».
Questo significa che la felicità si può allenare?
«Certo, almeno per la quota del 40% in cui essa dipende dal modo in cui ci prendiamo cura di noi (come teorizzato da Sonja Lyubomirsky, una delle esperte della Scienza della Felicità, essa dipende per il restante 50% dai geni e per il 10% dagli eventi della vita). Molti studi scientifici effettuati negli ultimi vent’anni, randomizzati e controllati con placebo, mostrano senza alcuna ombra di dubbio che, allenando la felicità, possiamo migliorare significativamente patologie come la depressione, le nostre condizioni in famiglia (per esempio, diminuendo divorzi e separazioni) e al lavoro (aumentando la produttività e il teamwork).
Possiamo farlo attraverso esercizi di allineamento ai nostri valori, aumentando la soddisfazione dei nostri bisogni, allenando la gratitudine, coltivando i propri talenti, utilizzando una comunicazione empatica…».
Coronavirus: difficile davvero restare positivi e felici in questo momento. Come un simile evento può influire sull’umore?
«L’evento, per se stesso, non ha alcuna influenza. È l’interpretazione che diamo all’evento, i nostri filtri della mente, che hanno una profonda influenza sul nostro umore. Proprio in questi giorni ho parlato con due persone che hanno condiviso una visione diametralmente opposta di quello che sta accadendo. La prima, preoccupatissima, lo percepisce come un fatto del quale non ha assolutamente il controllo. Vede nell’altro (inclusi figli e parenti) il portatore di un pericolo di morte. L’altra persona crede che sia tutta una bufala e che in realtà sia stato tutto costruito dagli “alti poteri” per togliere la libertà agli individui e sottomettere intere popolazioni.
Le emozioni vissute da questi due individui, scaturite dal medesimo fatto, sono completamente diverse. La prima è impaurita e la seconda è frustrata. La paura nasce dall’immaginare un evento futuro che non vogliamo – ricevere il virus e ammalarci – mentre la seconda è da mettere in relazione a una percepita ingiustizia.
Quindi, nello stesso modo in cui possiamo generare paura o frustrazione, siamo in grado di scegliere la felicità. Come? Pensando che le famiglie possono passare più tempo insieme e sono più unite, che generiamo meno emissioni di CO2, che abbiamo più tempo libero – cosa che sembra mancarci sempre – a nostra disposizione…».
Chi potrebbero essere i più colpiti da questo panico? Quali categorie?
«In generale, negli studi pre-Coronavirus, in vetta alle categorie più stressate c’è il personale medico e paramedico. Ora lo saranno ancora di più. Mi rimane difficile catalogare i soggetti più colpiti in base alla categoria di cui fanno parte.
Penso ai liberi professionisti o ai consulenti, che possiedono delle competenze in settori non primari, come l’agricoltura o la medicina, che avranno difficoltà a trovare fonti di reddito nel breve e medio termine a causa del rallentamento dell’economia italiana e mondiale.
Tuttavia, ho già notato che alcuni di loro si stanno reinventando e cambiando la propria offerta per allinearla alle nuove condizioni di mercato. L’impatto quindi è soggettivo e cambia a seconda della nostra reazione».
Cosa può comportare a livello psicofisico essere continuamente bombardati da simili cattive notizie?
«Il bombardamento potrebbe risultare innocuo per coloro che creano i presupposti per proteggersi. Uno dei miei mantra è che dovremmo dare lo stesso, se non più, spazio/energia/tempo/risorse al nostro ambiente interiore invece che a quello esteriore. Se non facciamo filtrare il bombardamento di notizie, non gli permetteremo di cambiare il nostro equilibrio interno.
Sono oltre dieci anni che non ho più una televisione in casa. Ne ero completamente schiavo. Quando tornavo dal lavoro l’accendevo e la spegnevo prima di addormentarmi. Ora scelgo di ascoltare e leggere ciò che voglio, quando voglio. E le ore di vita che mi sono ripreso non guardando la tv? Le utilizzo coltivando il mio ambiente interiore».
È vera quella teoria che sostiene che a furia di sentire cattive notizie e di pensar male, ci si attira la sfortuna?
«Quando ci concentriamo su qualcosa per un periodo più o meno lungo, che potrebbe essere un oggetto, un episodio o una situazione, creiamo una nuova convinzione. Quella convinzione non è altro che una lente che utilizziamo per interpretare il mondo in cui viviamo. Nel nostro cervello, quella convinzione è fatta di associazioni che avvengono a livello neuronale. In altre parole, creiamo delle associazioni tra un fatto, una persona, un’esperienza e un significato specifico.
Il Professor Ted Kaptchuck, ricercatore medico ad Harvard, ha studiato a lungo come queste convinzioni abbiano delle conseguenze tangibili e misurabili nel nostro corpo, attraverso l’effetto placebo. L’effetto placebo non è altro che la diminuzione o la scomparsa di un disagio o una patologia fisica dovuto a un trattamento somministrato come se avesse proprietà curative, ma in realtà è inerte.
Ugualmente importante è l’effetto opposto, l’effetto nocebo, testato in un numero crescente di studi scientifici, che influisce negativamente, peggiorando le nostre condizioni di salute. Per esempio, il leggere attentamente le controindicazioni di un farmaco aumenta significativamente la possibilità che quegli effetti negativi possano verificarsi.
Quindi, non si tratta di sfortuna, bensì della capacità che abbiamo di influenzare le nostre condizioni biochimiche. I nostri pensieri, le nostre emozioni e i nostri comportamenti hanno effetti ben più impattanti di quanto crediamo».
Ora passiamo alla pratica: abbiamo chiesto al professor Formica una serie di esercizi per allenare la felicità in questo periodo di Coronavirus, ma che hanno strascichi anche nel futuro e che potranno essere utili anche in qualsiasi altro momento della vita: li trovate nella nostra gallery.